martedì 31 agosto 2010

INTERESSANTE REPORT SULLA QUESTIONE RIFIUTI (dal blog La voce dei feltrini)












Sui rifiuti Feltre ha rinunciato a Vedelago

La miccia è accesa. La gestione dei rifiuti in città è ancora una polemica rovente. Dopo la delibera della giunta comunale che ha aperto una partita legale (l’ennesima) contro il Centro di Riciclo di Vedelago, gli attivisti feltrini del Movimento Cinque Stelle di Beppe Grillo sono scesi nei giorni scorsi nella cittadina trevigiana per chiedere delucidazioni sulla faccenda. A parlare di fronte ad una telecamera è direttamente la titolare e responsabile del centro, Carla Poli, che getta fiamme e fuoco sull’amministrazione comunale e sull’assessore alle politiche dei rifiuti Raffaele Riposi.
«Noi collaboriamo con enti pubblici e privati. Comuni e aziende vengono dai noi per chiedere di occuparci dello smaltimento dei loro rifiuti a causa dei costi elevatissimi, centinaia di migliaia di euro» dice la responsabile dell’impianto che riesce a riciclare quasi il 99% dei rifiuti che riceve (compresa la parte secca del rifiuto). «Anzi» precisa «non sono rifiuti. Noi dobbiamo eliminare il termine rifiuto. Qui stiamo parlando di materiali che possono essere riciclate per dare vita a nuovi prodotti».
Parlando del bellunese, la signora Poli precisa che «tranne Ponte nelle Alpi e qualche comune, nessuno ha adottato il sistema proposto dal nostro centro». È qui che si accende la polemica: «A Riposi, che è quindici anni che è sopra le sedie, non gliene fregava niente di tutto questo. Ma allora non farmi perdere tempo. Dimmi se il tuo fine ultimo è quello di fare l’inceneritore o la discarica. E non prendermi in giro».
Qui la Poli è particolarmente irritata. Vola anche una parolaccia. Sulla Comunità Montana dice che i dirigenti «sono degli indolenti. Non si accontentavano che venissi ad illustrare loro il nostro metodo e il nostro approccio per fare informazione nelle scuole, ma volevano che io andassi scuola per scuola a spiegare questo sistema. Dovevo fare tutto io. Ma non ce l’hai gente capace di parlare agli studenti? Io non sono di Feltre, non conosco le esigenze, i metodi, la cultura di questo territorio». Poi precisa che «qui non siamo in televisione, non dobbiamo fare spot. Dobbiamo fare cultura. Altrimenti non ci siamo con i concetti primari».

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venerdì 27 agosto 2010

SIAMO DI PASSAGGIO MA LE NOSTRE IDEE RESTANO


Come molti iscritti a questa mailing list gia' sapranno, tre settimane fa e' mancato Aldo Silvestri, amico del GAS El Ceston di Pieve di Cadore.
Grazie alla moglie Flora abbiamo potuto leggere un suo scritto, che vi copio qui sotto.

...Siamo di passaggio, ma le nostre idee restano...

Curare un’amicizia è la parte più coinvolgente della nostra vita: avere qualcuno a cui teniamo ci spinge a superare difficoltà a volte apparentemente insuperabili per far crescere e mantenere questo rapporto. Curare i figli, per ogni genitore è la sintesi stessa della propria esistenza; è il senso della vita.
Curare l’orto di casa propria è piacevole, è intimamente soddisfacente e in qualche modo redditizio.
Ma curare il mondo sembra essere un’attività destinata agli altri, ai politici, ai giornalisti, agli intellettuali; noi siamo sempre a rimorchio e stancamente ci facciamo esautorare dal nostro ruolo di persone per adagiarci sempre più in quello di consumatori allineati. Ma anche in questo ruolo dobbiamo almeno fare lo sforzo di capire quelle poche cose che almeno ci lasceranno lo spazio per decidere consapevolmente: quel prodotto è così conveniente perché chi lo produce
è virtuoso o perché al contrario è un criminale? Quell’offerta così sfacciata è frutto di una dinamica dei prezzi naturale basata sulla domanda e l’offerta o piuttosto sulla demolizione di diritti, territorio e salute?
Sapere queste cose ci farà sentire molto peggio, ma mangiare prodotti grondanti sangue, petrolio e tumori ci fa sentire forse meglio? I centesimi che noi risparmiamo sono piombo fuso sulle braccia non solo dei poveri negri o polacchi o comunque qualcun altro da noi, ma anche sulle teste, negli occhi dei nostri figli.
Purtroppo non possiamo farci niente e quindi continuiamo a sopportare in
silenzio questo destino che ineluttabile dobbiamo scontare con la nostra
esistenza.
Quarant’anni fa, un posto di lavoro impiegatizio consentiva ad un padre di famiglia di mantenere da solo la moglie, due figli, il mutuo della casa, le rate dell’automobile; ci si concedeva un mese di ferie in Italia, e qualche volta si mangiava in trattoria. I prezzi dei prodotti agroalimentari consentivano alle famiglie una discreta scelta in tavola e non c’erano molti obesi, diabetici e cardiopatici. I contadini facevano i contadini e vivevano del loro lavoro.
Oggi le politiche agricole danno contributi per buttare via i prodotti,
ma i soldi sono tolti dalle tasche dei cittadini che pagano le tasse; le grosse multinazionali non vendono solo sementi ma anche e soprattutto assistenza a pagamento per la gestione di prodotti sempre più distanti dal naturale.
Ma noi, nel nostro piccolo andiamo a fare la spesa con la calcolatrice in mano per valutare il prezzo al chilo, al grammo, al milligrammo e scegliere non quello più buono ma quello più economico. Del resto anche la fabbrica dove lavoravamo ha chiuso, perché il prodotto che produceva non era più competitivo. Abbiamo fatto lo
sciopero, abbiamo protestato, ma qualche disgraziato nel mondo crede che il nuovo prodotto sia più conveniente, sia migliore. Ma non è vero: solo usano bambini per produrlo! Che schifo. Già! Ma questo pelato a 0,15€ al chilo non sarà troppo caro? Ieri l’ho visto a 0,14 nel Iper di via Lenin...
Ci hanno messo le catene ai piedi facendoci credere che le uniche relazioni importanti siano quelle economiche; ci hanno chiuso in casa a guardare la televisione immergendoci in un mondo sempre più avulso dalla realtà; ci hanno tolto piano piano ogni forma di aggregazione profonda per farci sentire sempre più soli. E adesso noi lo faremo ad altri, così imparano.

Bisogna ricominciare a volersi bene, a noi ma anche agli altri, a rompere questo muro di indifferenza che ci isola e ci mortifica. Bisogna rientrare nel mondo da persone intelligenti che come tali sapranno vedere oltre il proprio tornaconto e il proprio misero naso. Bisogna tornare ad essere consapevoli della vita, della complessità delle relazioni e smetterla di voler vedere solo il bianco o il nero.
Tra bianco e nero ci sono milioni di colori di cui noi abbiamo bisogno,
che ci fanno godere questo viaggio sulla terra come unico, irripetibile
e fantastico. Qui e ora.

lunedì 16 agosto 2010

UN INTERESSANTE RIFLESSIONE SUL BLOG del Gruppo Coltivare Condividendo


IL NOSTRO MODELLO NON E’ IL TRENTINO… ANZI…

Fa sempre piacere trovare sui giornali articoli che danno risalto alla nostra agricoltura, ai prodotti della nostra terra. Abbiamo pertanto apprezzato il pezzo pubblicato sabato 14 agosto dal Corriere delle Alpi “Prodotti tipici bellunesi, nell’elenco entrano fagiolo gialet e kondizon”(cliccare sul titolo per leggere l'articolo)

Peccato però per quella frase finale “..Il modello? Come sempre il Trentino…”

Siamo ben consapevoli che ci sono stereotipi duri a morire, ma per capire che il “modello Trentino” abbia ben poco a che fare con l’agricoltura che noi vorremmo per la nostra provincia, cioè un agricoltura ecosostenibile, rispettosa dell’ambiente, del paesaggio del territorio della biodiversità e della salute, basterebbe visitare alcuni luoghi rappresentativi dell’agricoltura trentina.

In primis la Val di Non in cui impera la monocultura intensiva della mela. Meleti intensivi e super trattati (i bollettini di interventi fitosanitari consigliati dall’ Istituto di S. Michele all’Adige, in cui si elencano 41 trattamenti nel 2008 e 33 nel 2009)
Un paesaggio fatto di pali di cemento e parvenze di “meli” ammassati gli uni agli altri come polli in batteria, dove di tanto in tanto eruttano nuvole di pesticidi; dove i meli, al termine della loro breve “carriera produttiva” non sono considerati legno ma rifiuto speciale.

Come non ricordare l’ottimo e capillare lavoro fatto da alcuni cittadini della valle che (a spese proprie) hanno fatto fare una seria di analisi che hanno evidenziato come quei pestidici non rimangano solo nei meleti ma invadano anche asili, giardini, camere da letto. Il rapporto da loro redatto ci ricorda che in 12 campioni su 13 sono presenti residui di pesticidi (campioni prelevati anche a 50/70m dai meleti) e per ogni campione erano presenti contemporaneamente da un minimo di 2 a un massimo di 6 principi attivi (sono stati ritrovati anche 3 principi attivi proibiti)

E sempre a proposito di mele, come non citare il rapporto di Lega Ambiente che su 22 campioni di mele analizzate in provincia di Trento ha rilevato che 9 erano irregolari a causa del superamento dei limiti massimi consentiti di Boscalid (fungicida), che 9 presentavano un residuo, 3 più di un residuo solo UNA era priva di residui
Non ci dilunghiamo ricordando quali sono gli effetti di molti di questi principi attivi sulla salute soprattutto dei bambini: ampia è la bibliografia e siamo ben felici di fornirla a tutti gli interessati.

Ma se il “modello Val di Non” è da bocciare non meritano di essere promossi nemmeno quello zootecnico di Fiavè o quello delle fragole “che non conoscono la terra” della Valsugana e della valle dei Mocheni (abbondantemente irrorate con concimi e pesticidi),
Va anche ricordato, in negativo, come il modello di sostegno alla zootecnia di montagna basata sulle grandi stalle (oltre 100 capi) appoggiato dalla provincia stia disseminando sul territorio, specie sui pascoli di montagna, problemi importanti. Le vacche all’alpeggio vengono nutrite con mangimi, anche nei parchi naturali, i contadini non curano più il territorio, le bonifiche agrarie stanno distruggendo la biodiversità dei prati, il metodo della concimazione cancella prati storici.

Certo esistono anche dei pregevoli esempi come quello rappresentato dalla “Libera Associazione Malghesi e Pastori del Lagorai”: la Presidentessa Laura Zanetti, che ha molto da dire su come la Provincia agisca a livello di pastorizia e alpeggio, afferma che il sostegno da parte della PAT è scarso per non dire peggio.

Di cose da dire e magagne da elencare ce ne sarebbero ancora molte e non solo legate all’ambito agricolo ma anche alla gestione di un territorio in cui sono davvero molte le voci di cittadini che denunciano situazioni critiche: dalle devastazioni di Folgaria alla diossina dell’acciaieria di Borgo Valsugana (ancora commissariata), dalle discariche di Monte Zaccon al paventato inceneritore di Trento.. ecc..

Ci chiediamo pertanto se noi, per consentire alla nostra provincia di esprimere appieno le sue tipicità e potenzialità dobbiamo rivolgere lo sguardo a un modello di cosiddetto sviluppo non solo super finanziato e a detta di alcuni “dopato” da questi finanziamenti a pioggia (con i pro e i contro che ciò provoca), ma con situazioni di criticità così palesi ed evidenti che solo un ottima campagna pubblicitaria, anch’essa iper finanziata, riesce a celare.

Siamo estremamente convinti che il domani della nostra provincia non debba essere ispirato a modelli di agricoltura intensiva che devastano ed inquinano territorio, ambiente, paesaggio, e che per il profitto di pochi minano la salute di molti

Crediamo invece in un’agricoltura sostenibile, nella biodiversità, nei prodotti a km zero e nella tipicità. Crediamo molto in un legame forte tra agricoltura, turismo, artigianato: ma anche tra chi produce e chi acquista, nella filiera corta, nell’opera importante dei Gas auto organizzati dal basso e dei cittadini che auto producono.
Crediamo in una visione a 360° che considera un tutt’uno l’ambiente, il territorio, il paesaggio e noi che interagiamo con essi, che ne siamo parte

Crediamo che in questa nostra provincia ci siano già delle stupende realtà che stanno progettando, costruendo, producendo seguendo questo spirito, questa direzione. Cooperative, consorzi, azione biologiche, associazioni che promuovono prodotti tipici, favoriscono il biologico (o il non utilizzo dei prodotti chimici di sintesi), l’accorciamento della filiera (con mercatini dei produttori e patti tra GAS e aziende), la biodiversità (vero patrimonio di questa nostra zona) e progetti condivisi con industria, turismo e artigianato.
Progetti, prodotti e iniziative che stanno suscitando un notevole interesse (soprattutto fuori provincia e regione) anche di importanti aziende, enti, associazioni, organismi e di tantissimi cittadini che vedono il nostro come un territorio non ancora compromesso e dalle notevoli potenzialità

Crediamo sia giunto il momento di smetterla di guardare alle pubblicità patinate proposte dagli altri, così diverse dalla realtà e continuare a costruire tutti insieme, con maggiore determinazione e convinzione, un domani davvero nostro per questa nostra provincia

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sabato 14 agosto 2010

CITTADINI IN FERMENTO A BUSCHE .. NO ALLE TORRI


al gazzettino di oggi CLICCARE QUI PER LEGGERE ARTICOLO
Torre asfalti di Busche Progetto senza controllo
Si può fare tutto, anche una nuova torre a Busche. Anche se non tutti i cittadini non sono d'accordo. Non lo sono certamente quelli residenti nella zona della Riva de San Gabriele cui il fatto che non sia più necessaria la Via (valutazione di impatto ambientale) perché la ditta ha chiarito di non avere l'intenzione di utilizzare materiale riciclato.
«Noi che abitiamo a San Gabriele - spiegano in una nota stampa - non ci stiamo. Sembra quasi che qualsiasi richiesta avanzata non sia dovuta e ci riferiamo alla Via che era stata auspicata sulla stampa anche dall'assessore provinciale all'Ambiente Ivano Faoro».«Il fatto che la valutazione d'impatto ambientale sia saltata perché la ditta Ascon ha dichiarato di non voler utilizzare riciclato nella nuova torre lascia molto perplessi e preoccupati per la mancanza di uno strumento che avrebbe rafforzato la tesi della sicurezza in questo sito che rimane pur sempre classificato come industria insalubre di prima classe.» «La Via sarebbe stata un'occasione di confronto dei vari enti competenti - continua il comunicato dei cittadini - enti che avrebbero così potuto esprimere pareri importanti per la tutela della salute e la vivibilità dei cittadini di Busche. Quindi chiediamo con forza che tutte le autorità competenti ci mettano il giusto e doveroso interessamento affinchè questa operazione non passi come una semplice costruzione, in quanto produrrà i suoi effetti anche per le generazioni future».

venerdì 13 agosto 2010

RICEVIAMO QUESTOS CRITTO dalle MAMME BIONIKE di TRENTO


"Sembra quasi superfluo soffermarsi sulla dannosità degli inceneritori, ormai confermata da centinaia di studi scientifici come quello dell'istituto statistico di sorveglianza sanitaria francese (reso pubblico il 3 aprile 2008), che stima un aumento di casi di cancro nelle vicinanze di questi impianti (che l'unione Europea diffida dal chiamare "termovalorizzatori") che vanno dal 6 al 23%, con ricadute negative soprattutto sulla salute dei bambini (contaminati già in utero e successivamente attraverso il latte materno) e delle donne.

Dati che non allarmano i nostri amministratori, che sembrano non preoccuparsi dei costi sanitari ed ambientali che l'inceneritore provocherà, stimati dallo studio dell'Ing. Massimo Cerani in 90 milioni di euro in 25 anni (dato assunto utilizzando il modello EcosenseWeb 1.3 messo a punto dall'Università di Stoccarda), così come continuano a snobbare le alternative esistenti e praticabili per lo smaltimento dei rifiuti, come lo "studio per la valutazione della fattibilità tecnico-economica di sistemi di trattamento di rifiuti residui" dello studio dell'Ing. Massimo Cerani di Brescia, commissionato da 5 comuni rotaliani, mai commentato nel merito e liquidato semplicisticamente come "fuori tempo".

Anche grazie all'impegno di associazioni come Nimby Trentino però, molti cittadini in questi anni hanno compreso l'importanza di ponderare bene una scelta definitiva come quella dell'inceneritore, che sarebbe affidato a mani private ALMENO per 20 anni, con controlli ambientali limitati e comunque non sufficienti a garantire la salute dei cittadini e la salubrità della terra, dei suoi prodotti e degli animali destinati ad entrare nella catena alimentare.

E questo senza mettere il dito nella piaga delle recenti indagini della magistratura che hanno restituito un'immagine ben poco edificante dell'APPA...
Da queste premesse è nata l'aggregazione di cittadini costituitasi il 20 gennaio 2010, che ha preso il nome di "Coordinamento Trentino Pulito".

Ne fanno parte semplici cittadini, agricoltori, mamme (Mamme BioNike Trentino), esponenti dell'associazionismo cattolico e laico, decisi a far conoscere alla società civile l'esistenza di alternative concrete all'incenerimento dei rifiuti, che porterebbero benefici in termini ambientali e sanitari, ma anche economici, considerati i minori costi per lo smaltimento dei rifiuti, le entrate del CONAI, l'aumento dell'occupazione e le opportunità imprenditoriali che potrebbero aprirsi se il Trentino scegliesse una strada virtuosa senza appiattirsi su modelli (vedi Brescia o Acerra) che di sostenibile hanno ben poco.

Il Coordinamento Trentino Pulito ha organizzato in questi mesi incontri e serate sul tema, ha partecipato a Parma alla manifestazione nazionale contro gli inceneritori, ha tessuto rapporti con cittadini e amministratori, ha raccolto più di 4.000 firme in diverse fiere e mercati, ed ha attivato una raccolta di firme online che solo nella prima settimana ha raccolto un centinaio di adesioni (www.trentinopulito.org).

Il Coordinamento sente però ora la necessità di coinvolgere maggiormente i cittadini, gli unici che possono convincere la politica a cambiare rotta, come hanno dimostrato le ultime elezioni comunali, che hanno visto il fronte inceneritorista sconfitto nei principali comuni rotaliani.

Di qui la decisione di organizzare per fine ottobre una manifestazione provinciale che chieda alla politica di intraprendere una strada che faccia del Trentino un esempio a livello nazionale ed oltre.
Crediamo che i dati sempre crescenti di raccolta differenziata parlino chiaro sulla collaborazione che un modello virtuoso di smaltimento rifiuti potrebbe trovare nella popolazione.

Il capoluogo oggi ricicla il 61% dei suoi rifiuti, senza che siano stati introdotti incentivi per chi differenzia correttamente i suoi rifiuti o penalità per chi non lo fa, e con interventi decisamente ridotti per la riduzione a monte dei rifiuti prodotti.

Fiemme Servizi e AMNU sono – insieme al consorzio Priula (Vedelago) – i consorzi più ricicloni d'Italia, con diversi comuni sopra all'80%.
Non scordiamo quando l'allora vicesindaco Alessandro Andreatta disse: "sopra il 70%, l'inceneritore non serve".

Chiediamo quindi alla popolazione di far sentire la sua voce, partecipando alla manifestazione che stiamo organizzando per ottobre (la data precisa sarà comunicata in una successiva conferenza-stampa), manifestazione che vedrà la presenza di diversi agricoltori coi trattori, preoccupati per l'immenso danno che un inceneritore potrebbe portare all'economia agricola, in particolare di quella di una zona vocata a produzioni ortofrutticole di qualità quale la Rotaliana, ma anche al resto del Trentino che in questi anni ha investito in qualità e ambiente, dagli agriturismi al biologico.

Coordinamento Trentino Pulito"

ps: siamo anche su facebook... ;-)

firmate la petizione su www.trentinopulito.org
e venite alla manifestazione di ottobre!
Vi aspetto!

mercoledì 4 agosto 2010

RICEVIAMO DAGLI AMICI DI "PAS DOLOMITI" ....


PERALTRESTRADE DOLOMITI
Comitato Interregionale Carnia-Cadore

Nuovo” PASSANTE ALPE – ADRIA o “vecchia” VENEZIA-MONACO?

Il prolungamento dell’A27 da Pian di Vedoia a Pieve di Cadore potrebbe essere
presto una realtà, o così si vuol far credere.
Dovrebbe trattarsi di una infrastruttura lunga 21 km, per metà in galleria, per il resto su rilevato o viadotto, che si svilupperà lungo la stretta valle del Piave affiancandosi alla statale 51 di Alemagna, alle varianti già aperte (alle quali, guarda caso, manca solo il tassello Longarone-Castellavazzo, il nodo più cruciale) e alla linea ferroviaria.
Costo dell’opera 1.200 milioni di euro (duemilacinquecento miliardi di vecchie lire!), finanziata da privati (all’inizio si dice sempre così), che puntano sui pedaggi per rientrare con gli investimenti. Lo Stato interverrà con opere complementari. Questo sulla carta.
Il progetto preliminare, denominato “Passante Alpe Adria “, è del luglio 2007 ed è
stato presentato a Longarone il 15 luglio scorso. L’elaborato porta le firme Rock Soil,Technital, Idroesse, Hidrostudio; coordinamento progettazione Territorio srl, studio professionale che fa capo all’arch. Bortolo Mainardi (che allo stesso tempo è
membro del CDA dell’Anas e della VIA nazionale). La copertura economica è
garantita da una proposta di finanza di progetto firmata dalle solite imprese Grandi
Lavori Fincosit, Adria Infrastrutture e Ing. E. Mantovani. La concessione avrà una
durata di 40 anni a decorrere dalla fine dei lavori.
Alla presentazione del progetto e del relativo Studio di Impatto Ambientale - redatto
dalle stesse imprese proponenti l’opera - sono stati invitati i sindaci dei Comuni
direttamente interessati dal tracciato ma, inspiegabilmente, nessun altro sindaco del
Cadore, come se la cosa non li riguardasse.
Dalla data di presentazione sono scattati i 60 giorni per le osservazioni, dopo di che sarà la volta della commissione regionale VIA e del CIPE, infine il bando e
l’assegnazione dei lavori, che dovrebbero partire nel primo semestre del 2012 per
venire completati entro il 2016-17.
Siccome è chiaro a tutti, anche ai bambini, che un’autostrada che finisce alle porte
di Pieve peggiorerebbe la situazione della mobilità in Cadore, aumentando le code
e intasando la viabilità ordinaria lungo tutta la valle del Boite da una parte e Auronzo e il Comelico dall’altra, contestualmente all’apertura di questo tronco si renderebbe necessario un suo prolungamento, preferibilmente in direzione di Monaco, e
proprio a questo mirano Zaia, presidente della Regione Veneto, Muraro e Bottacin,
rispettivamente presidenti delle Province di Treviso e di Belluno, nonché le
confederazioni degli industriali veneti.
Tutto ciò premesso, cosa centrano la montagna dolomitica, i bisogni e le priorità della gente che vive nelle sue valli? Nulla, a conferma di quello che sappiamo già, cioè che delle Terre Alte e dei suoi abitanti poco importa ai politici di Venezia, di Treviso e – spiace doverlo constatare - anche di Belluno; tutti paladini all’insegna del “Federalismo” e del “paroni a casa nostra” (intendendo per “casa nostra” pure quella degli altri).
Montagne, valli, genti, culture (sbandierate, quando fa comodo): in questo caso solo
un fastidioso, irrilevante ostacolo fisico da superare. Solo questo. Ad ogni costo.
Sembra di stare in un mondo rovesciato dove le risorse collettive non sono usate per
aumentare il benessere dei cittadini (con servizi di trasporto adeguati, sanità
all’avanguardia, istruzione di alto livello, infrastrutture tecnologiche) ma dirottati per garantire vecchie rendite di posizione a imprenditori e politici incapaci di innovare e di innovarsi.
I motivi che ci portano a riaffermare che da qualsiasi parte lo si guardi questo
progetto non sta in piedi sono, per citarne alcuni:
- l’esigenza, ribadita dall’Europa, di spostare il traffico dalla ruota alla rotaia e di indirizzare gli sforzi economici e tecnologici sulla ricerca di nuovi sistemi di
trasporto per persone e merci;
- la Convenzione delle Alpi che impedisce ogni nuovo attraversamento
autostradale della catena alpina (anche se l’Italia non ha ancora firmato il
Protocollo Trasporti);
- il no deciso di Alto Adige e della stessa Austria;
- il riconoscimento Unesco, non conciliabile con un’infrastruttura così impattante
calata sul fragile territorio dolomitico;
- l’urgenza di abbandonare un modello di sviluppo dissipativo che distrugge più
valore (economico e sociale) di quello che produce;
- l’arretratezza di un sistema di trasporti pernicioso e insostenibile per quanto
riguarda le emissioni che alterano il clima;
- la necessità, dettata dal buon senso, di impedire ulteriore consumo di suolo in
un paese dove scompaiono sotto il cemento e l’asfalto 300 metri quadrati di
terra al minuto.
A queste ragioni, che da sole dovrebbero convincere a rinunciare al progetto, si
aggiunge un problema di insostenibilità economico–finanziaria, che risulta evidente
incrociando pochi parametri: costi di realizzazione, flussi di traffico, entità dei
pedaggi. I costi di costruzione sono molto elevati, per le caratteristiche del territorio; i flussi di traffico risultano bassi: lo studio prevede un transito (sul solo tronco autostradale) di 25.000 veicoli al giorno dal 2015, che diventeranno 41.000 nel 2039.
Attualmente, se le nostre informazioni sono esatte, nelle domeniche di punta sul
Ponte Cadore transitano 11/12.000 veicoli.
Da qui la proposta contenuta nella Bozza di Convenzione inclusa nel Progetto
Preliminare che la statale 51 resti a disposizione dei soli residenti, mentre tutti gli altri – mezzi pesanti e leggeri – verrebbero obbligati a percorrere il nuovo tratto autostradale e a pagarne il relativo pedaggio. Allucinante.
Quanto ai pedaggi, riportiamo qui di seguito dal documento di analisi del NUVV
(Nucleo regionale di Valutazione e di Verifica degli Investimenti):
.. sotto il profilo tariffario, il pedaggio chilometrico della proposta appare
sensibilmente più elevato rispetto ad analoghe infrastrutture autostradali che
attraversano regioni montuose e quindi applicano tariffe maggiori in relazione ai
maggiori costi di ammortamento delle opere realizzate (gallerie – viadotti) come la
A27 nel tratto Belluno - Vittorio Veneto, la A23 nel tratto Tolmezzo – Tarvisio e la A5 nel tratto Aosta – Ivrea, mentre appare più confrontabile con quelli applicati nei trafori del Monte Bianco, del Frejus, del Gran San Bernardo e del Ponte Europa e del Tunnel dei Tauri in Austria”.

Dal Piano Economico si deduce che un autoveicolo per percorrere i 21 km da Pian di
Vedoia a Macchietto dovrebbe pagare 6 euro e un mezzo pesante circa 21 euro.
A chi propone un’opera fondata su questi presupposti viene voglia di dire: smettetela
una buona volta di farci perdere tempo e denaro e occupatevi delle reali necessità
del Paese e del territorio.
Ma non è più sufficiente che questa affermazione provenga da PAS Dolomiti o da
analoghe realtà a cui sta a cuore la nascita di una vera economia del Benessere: è
tempo che si muovano anche le forze politiche più sane, gli amministratori più
responsabili, i cittadini più sensibili; i montanari legati alle loro case non ancora violate,alla loro aria ancora pulita, alle loro acque non inquinate.
In altri tempi, di fronte a minacce di questo tipo, i discreti, non violenti abitatori delle valli avrebbero imbracciato i forconi e si sarebbero mossi in direzione di Venezia (ricordate la ferrovia?), facendo magari tappa a Longarone e a Belluno, ma i tempi sono quelli che sono, e il grado di consapevolezza anche, e tutto ciò non si è ancora verificato.
Ma non è detta l’ultima parola.

PERALTRESTRADE DOLOMITI
Comitato Interregionale Carnia-Cadore
www.peraltrestrade.it